David di Michelangelo

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“Veramente che questa opera ha tolto il grido a tutte le statue moderne et antiche, o greche o latine (…) con tanta misura e bellezza e con tanta bontà la finì Michel Agnolo.”

E’ così che Vasari descrive l’ammirazione per la scultura considerata fra le più belle mai realizzate dall’umanità. In questo incipit c’è lo stupore mozzafiato di chi osserva da vicino la perfezione di uno dei massimi capolavori di scultura di tutti i tempi: il David di Michelangelo.

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540 anni fa…

     Nasce a Caprese (Arezzo), 6 marzo 1475 protagonista del Rinascimento italiano, il più grande artista di sempre…

michelangelo buonarrotiMichelangelo Buonarroti

     Uno non si aspetta che lui, oltre ad essere scultore, pittore e architetto, fosse anche poeta. In effetti, Michelangelo stesso definiva ‘cosa sciocca’ questa sua attività. I suoi componimenti più antichi si fanno risalire al 1504-1505, ma è probabile che ne abbia realizzati anche in precedenza, dato che sappiamo che molti suoi manoscritti giovanili andarono perduti. Probabilmente la sua formazione poetica si svolse su testi di Petrarca e Dante, conosciuti alla corte di Lorenzo de’ Medici.

     I primi sonetti sono legati a vari temi collegati al suo lavoro artistico, a volte raggiungono il grottesco con immagini e metafore bizzarre. Successivi sono i sonetti realizzati per Vittoria Colonna e per l’amato Tommaso de’ Cavalieri; in essi Michelangelo si concentra maggiormente sul tema neoplatonico dell’amore, sia divino che umano, che viene tutto giocato intorno al contrasto tra amore e morte, risolvendolo con soluzioni ora drammatiche, ora ironicamente distaccate.

Negli ultimi anni le sue rime si focalizzano maggiormente sul tema del peccato e della salvezza individuale; qui il tono diventa amaro e a volte angoscioso, tanto da realizzare vere e proprie visioni mistiche del divino.

 

(il manoscritto di Michelangelo)                                             Non pur d’argento o d’oro

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Non pur d’argento o d’oro
vinto dal foco esser po’ piena aspetta,
vota d’opra prefetta,
la forma, che sol fratta il tragge fora;
tal io, col foco ancora
d’amor dentro ristoro
il desir voto di beltà infinita,
di coste’ ch’i’ adoro,
anima e cor della mie fragil vita.
Alta donna e gradita
in me discende per sì brevi spazi,
c’a trarla fuor convien mi rompa e strazi.